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Interviste

Holograph, tra il live e la virtual performance

Dario Marturano, in arte Holograph, è uno di quei musicisti che difficilmente troverete in giro per l’Italia. Lui è già avanti da anni rispetto a quello che offre il nostro mercato discografico, al momento. Di larghe vedute ma soprattutto proiettato nel futuro, si costruisce le luci da solo per i suoi concerti, sperimenta di continuo nuove sonorità, crea live in streaming o con realtà virtuale. Arriva da una “scuola elettronica”, ma non l’elettronica che sentiamo spesso, ma diversa, innovativa, diciamo luminosa (per rimanere in tema di luci). Ha infatti realizzato per se stesso una giacca speciale, sfavillante, la indossa e si trasforma in Holograph.
Lo intervistiamo per approndire il suo personaggio, e vi consigliamo di conoscerlo meglio perché presto la musica elettronica, grazie a indoli come Dario, potrebbe ampliare i suoi orizzonti più di quanto pensiate.

Ciao Dario come va? Come hai vissuto questo anno strano e limitativo dal punto di vista musicale…
Diciamo che potrebbe andare meglio, cerco di fare di necessità virtù. All’inizio del lockdown, un anno fa, è stata un po’ tragica, come per molti ho visto sfumare davanti ai miei occhi tutto quello per cui avevo lottato negli ultimi anni.
Holograph è un progetto fondato all’80% sullo spettacolo dal vivo, ho qualche piccola soddisfazione anche a livello discografico ma il punto forte è la dimensione live, tra le luci e l’impatto sonoro, la mia musica ascoltata dai piccoli altoparlanti dei cellulari lascia un po’ il tempo che trova.
In questo anno ho quindi deciso di concentrarmi sulla scrittura di nuovi brani, da solo e con nuove collaborazioni, senza ovviamente escludere qualche esperimento.

Qual è il festival o concerto che ti è mancato di più l’anno scorso? Come vedi l’attuale situazione live, stiamo uscendo dal tunnel?
In zona Treviso mi è sicuramente mancato Suoni di Marca e Home Festival, il primo è stato fatto in forma ridotta, il secondo annullato. A Milano invece mi è mancata di più la situazione dei piccoli club invernali che ero solito frequentare, come l’Apollo o Ohibò, che tra l’altro ha chiuso definitivamente.
Non vorrei cantare vittoria troppo presto ma spero che tra i vaccini e la bella stagione il virus venga messo un po’ spalle al muro.

Live di Holograph per Kebi

Durante il lockdown hai tamponato l’assenza dei live creandone uno tuo con la realtà virtuale. Poi ne hai realizzato un altro per la piattaforma Kebi. Cosa ne pensi dei live o dei festival virtuali?
Penso che possano essere un buon surrogato per tamponare l’assenza di quelli veri, o per creare un’esperienza, non migliore, ma sicuramente diversa, da quella a cui siamo abituati.

Vedi una convivenza futura tra i live virtuali o in streaming e quelli tradizionali?
Penso che in futuro molti live saranno anche riproposti in streaming per chi non potrà esserci fisicamente all’evento, o per capienza limitata, o per distanza geografica, facendo quindi pagare un biglietto ridotto ed avere un’entrata anche da quel lato.
I live virtuali invece potrebbero essere interessanti per il lancio di un album o di un singolo e portare l’utente in una dimensione impossibile da ricreare nel mondo fisico, ed avere un’interattività con il pubblico senza confini.

Milano-Seattle non sono proprio vicine di casa. Come nasce la tua collaborazione a distanza con Jaz Lund?
Jaz l’ho conosciuta grazie ad un post Instagram di Koralle, un produttore che seguo, le ho scritto in Direct ed è nata subito una forte intesa. A colpi di WeTransfer ci siamo mandati a vicenda voci e strumentali per mesi ed abbiamo infine scritto tre brani, due sono usciti, il terzo vedrà la luce dopo l’estate con un probabile album.

Rimanendo in Italia invece ti sei rivolto a Moinè che vive a Foggia…
Esattamente, l’iter non è poi stato molto diverso da quello con Jaz, da Instagram siamo poi passati a inviarci il materiale e a scrivere un brano insieme.

Tutte voci femminili, è capitato o ti trovi meglio a collaborare con le ragazze?
In realtà non è stata una cosa programmata, ma effettivamente pensandoci bene tra Ottobre, Insannie Frannie, Jolie, Jaz e Moinè, ho sempre collaborato con ragazze, evidentemente prediligo la vocalità femminile.

Dovessi pensare a una voce maschile, chi ti viene in mente?
Di italiano mi piace Samuel dei Subsonica, ma forse più come scrittura che come voce.
Di internazionale non saprei, non seguo molti cantanti ma quasi solo produttori fuori dall’Italia.
Spoiler: sto collaborando comunque con un cantante maschile ultimamente, vediamo se riusciremo a concretizzare qualcosa.

Come tutti gli artisti anche tu avrai i tuoi supereroi, le tue fonti di ispirazione più nascoste…qualche nome?
Beh non sono poi così nascoste, tra i miei artisti preferiti ci sono Flume, Porter Robinson, San Holo, gli Odesza, Cashmere Cat e Slow Magic; di italiano invece potrei citare Mace, ultimamente ha scritto davvero un bel disco.

Ma in Italia esiste qualcosa che si avvicini al tuo progetto, o dobbiamo prendere un aereo per verificarlo?
Secondo me forse più una volta, c’erano Not For Us o gli Yombe, ma ora stanno sviluppando progetti diversi, qualche piccolo punto in comune potrebbe esserci con Godblesscomputers o Yakamoto Kotzuga. Mi piacerebbe che ci fosse una piccola scena in Italia, un po’ come succede nel mondo del rap o del panorama indipendente, aiuterebbe tutti a crescere e migliorarsi, ma la vedo un qualcosa di piuttosto remoto allo stato attuale.

Tra l’altro sappiamo che ti diletti molto a realizzare filtri Instagram e qualche volta lo fai anche per lavoro. Per promuovere il tuo ultimo lavoro “Frame”, hai giocato un po’ con la realtà aumentata. Ci racconti come ti è venuta in mente l’idea?
In realtà principalmente lo faccio per lavoro e qualche volta riesco a farlo anche per diletto.
La realtà aumenta l’ho utilizzata per promuovere i singoli successivi a Frame, la prima volta è stata con Asahi in cui ho realizzato un filtro che simulava il videoclip e poi con Adrenaline, con quel singolo ho realizzato un lyric video che prendeva vita inquadrando un murales a Milano.

Uno degli aspetti che caratterizza i tuoi live sono le luci, giocano un ruolo quasi da protagonista. E sappiamo anche che te le costruisci da solo. Stai progettando qualcosa di nuovo per il futuro?
Nell’ultimo live che ho registrato ho introdotto una giacca luminosa, ma è solo un prototipo, penso che in futuro potrei migliorare proprio quell’aspetto fino ad ottenere dei vestiti che si amalgamino perfettamente col resto delle luci.

Qualche indizio sul concept del tuo prossimo disco?
Potrei dire che il concept saranno le ossessioni

Dobbiamo aspettarci un sound differente rispetto a “Frame”?
Beh si, sarà un po’ differente da Frame, replicare le stesse sonorità sarebbe stato ridondante, i primi due singoli con Jaz comunque dovrebbero già aver dato un piccolo assaggio di cosa ci si potrebbe aspettare dal disco, ma ci sono ancora molte sorprese in ballo, quindi non ci resta che ballare.

Credits Photo: Anna Pfeiffer

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