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Voto disco:7.5
7.5Overall Score

Data di uscita: 28 ottobre 2022
Etichetta: Beng! Dischi

Sette anni dopo “Carnaval” i Novadeaf tornano con “Bellicus”, quarto album in studio in cui emerge tutta la maturazione artistica avuta nell’arco dei 15 anni di attività dal songwriter Federico Russo, leader a capo del progetto.

L’apertura affidata a “No reason to be kind” ci fa capire subito come il filo conduttore siano i Radiohead, con un tappeto sonoro che sembra uscito direttamente da “Kid A”. La bellissima “Four”, uno dei tre singoli usciti qualche mese fa, dimostra la crescita compositiva dell’autore, esattamente come “TLA” (dedicata al compianto Tommaso Labranca). Sono due brani con un’idea di pop ben precisa eppure sono diversissimi: la prima è una ballad struggente che fa uscire più di una lacrima, la seconda è puro pop con contaminazioni funk in cui la ritmica che viene fuori dalla batteria ci fa muovere la testa con le cuffie come se fossimo in un videoclip ambientato per una qualsiasi strada di New York. In “The Warchild” torna alle chitarre anche Luca Guidi, vecchio membro della band che da qualche anno ormai ha intrapreso una carriera solista esattamente come l’altro chitarrista Lorenzo Marianelli. Qui ci troviamo davanti ad un pezzo minimale, con gli strumenti ridotti al minimo e una parte di archi alla Beatles di “Yesterday”, brano con cui condivide anche la breve durata oltre che la bellezza. La conclusiva “No Quarter (Bellicus)” ci ricorda come ormai l’elettronica sia protagonista delle sonorità della band, che aveva iniziato a trovare spazio nel disco precedente e qui è diventata quasi l’attore principale.

Il tema che il disco vuole raccontare è quello della guerra (e il titolo avrebbe già dovuto dirci qualcosa), ma guerra non intesa come conflitto armato. Può esserci conflitto anche legato al mondo della religione, al mondo economico o semplicemente al mondo umano: siamo in eterno conflitto con gli altri, lo vogliamo o non lo vogliamo purtroppo è così e questo disco ce lo dimostra in tutta la sua mezz’ora, se non fossero bastati gli ultimi 3 anni.

Un ottimo ritorno di una band che si è evoluta nelle sonorità (tra il primo disco del 2008 e questo c’è un abisso di qualità e di ricercatezza sonora) e si continua a mettere in gioco con buonissimi risultati nella penna di Federico Russo, autore e produttore di tutti gli 8 brani in scaletta ormai compositore maturo che senza strafare riesce a realizzare album semplici, coinvolgenti e allo stesso tempo ricercati.

“Come and reactivate the core…”

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