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Sanremo 2025: cinque consigli (non richiesti) a Carlo Conti

Carlo Conti

Dopo settimane di incessanti rumors, è arrivata finalmente l’ufficialità. Carlo Conti sarà il Direttore Artistico e il Conduttore delle prossime due edizioni del Festival di Sanremo. Una scelta quasi ovvia quella della RAI che, non avendo di fatto mai lavorato veramente su volti giovani, ha preferito optare sulla certezza democristiana dell’usato sicuro. Il toscano dunque nel prossimo biennio pareggerà immediatamente i conti con Amadeus, raggiungendo anche lui le cinque edizioni al timone (2015, 2016, 2017, 2025, 2026) della kermesse.

La notizia ha però avuto un’accoglienza tiepida da parte del pubblico che, fin dalle prime indiscrezioni, ha reputato lo storico anchorman di RAI 1 non all’altezza della situazione, specie considerato il lavoro mastodontico del precedessore.

Conti, tuttavia, è un vero uomo di televisione. Basti pensare che il suo triennio fu scandito da ascolti sopra la media (poi eclissati dalla voragine Ama), da alcune scelte artistiche di alto profilo (pensiamo alla sezione giovani del 2016 formata da Mahmood, Ermal Meta, Irama e Francesco Gabbani) e da trovate televisive azzeccate (vedasi il connubio con Maria De Filippi nel 2018).

Se il mandato fosse stato di un solo anno, allora ci saremo ritrovati probabilmente davanti al più classico dei Festival di servizio: un Sanremo da Governo tecnico di fine legislatura, adibito solo per vivacchiare in attesa di un futuro migliore. Ma visto l’ingaggio di due anni, è chiaro che nella testa di Conti frulli qualcosa di molto più ambizioso.

D’altronde, l’occasione è ghiotta. Il presentatore ha infatti appena ereditato una macchina perfetta. A differenza del suo periodo (praticamente dieci anni fa se consideriamo la prima conduzione), adesso tutti gli artisti vogliono Sanremo, considerandolo una tappa fondamentale (a volte obbligata) del proprio percorso, a prescindere dal proprio background e dal target di riferimento. Proprio per questo motivo, da un punto di vista meramente artistico Conti potrebbe cogliere la palla al balzo e migliorare ulteriormente l’impianto di Amadeus, andando a correggere il tiro in quei campi ove l’inquilino degli ultimi cinque anni ha colpito a vuoto.

Ma dove agire? Ecco cinque consigli, assolutamente non richiesti, per il Neo Direttore Artistico in vista del prossimo anno.

  1. MENO CANZONI

Non tratteremo di questioni legate agli orari di chiusura, spesso imposte da specifiche esigenze pubblicitarie. Possiamo però parlare più generalmente di, numero di canzoni dicendo, senza alcuna polemica, che la quantità sempre maggiore proposta da Amadeus abbia sortito degli effetti contrastanti. L’idea del Festival-Playlist è stupenda, niente da dire, ma toglie visibilità agli artisti di fascia medio piccola. Un esempio eclatante potrebbero essere i Santi Francesi. “L’amore in bocca“, pezzo sottovalutato, è rimasto schiacciato dalla valanga di altri (ottimi) pezzi radiofonici, generando involontariamente un effetto plateu. Tornare alle più canoniche 20 canzoni (perché no, anche 18) potrebbe consentire una visibilità più omogenea a tutto il cast, ovviamente prendendo come punto di riferimento qualità e attualità.

  1. SANREMO GIOVANI DEVE CAMBIARE

Parte della gestione Amadeus è stata caratterizzata dall’eliminazione del concorso legato ai giovani, relegato a una “semplice” serata finale su RAI 1 a dicembre, ultima tappa di un iter a dir poco controverso. Sintetizziamo il più possibile. Tu, giovane, dovevi mandare il tuo pezzo alla Commissione Artistica. Questa, dopo una prima scrematura monstre (si parla di più di 1000 canzoni), selezionava circa 70-80 cantanti, invitandoli ad un’audizione dal vivo dove, oltre alla canzone già presentata in precedenza, dovevano proporre anche un altro brano, potenzialmente destinato alla gara dei big. Un meccanicismo che, giocoforza, consentiva il passaggio del turno soltanto a quegli artisti con la seconda canzone veramente forte, rendendo così poco sensate quelle destinate al circuito dei giovani, poi eseguite in televisione. Ora, Carlo Conti è rimasto nella storia per aver messo le Nuove Proposte davvero al centro, posizionandole a inizio scaletta in ogni serata. Sarebbe interessante tornare a una situazione del genere, quindi al concorso separato durante il Festval vero e proprio, ma con alcuni correttivi.

Perché ad esempio non rispolverare la formula dell’inedito? Ormai da quasi vent’anni i giovani presentano prima il proprio brano, pubblicato sui canali RAI e successivamente nelle piattaforme digitali, per poi performarlo in occasione della gara (che sia staccata od organizzata a parte poco importa). Diamo la possibilità anche a questa categoria di scoprire il brivido della canzone nuova in senso assoluto, così come si faceva negli anni Novanta e nei primi anni Duemila. In aggiunta, per rendere la gara più accattivante e seducente agli occhi del pubblico, si potrebbe lavorare su un cast ibrido, un po’ come quello creato da Ama lo scorso anno, coinvolgendo in parte artisti già noti ad una certa fascia di ascoltatori (vedi BNKR44, Big Mama o appunto i Santi) e in parte dei veri emergenti, magari provenienti da Area Sanremo, destinando però la Direzione Artistica ad un agente esterno (negli ultimi anni la carica è stata ricoperta dallo stesso Amadeus).

  1. CONCORSO A PARTE PER LA “TERZA SERATA”

Carlo Conti, tra le varie cose, è stato il primo a istituire un premio separato per la cosiddetta “serata delle cover“. Visto quanto successo lo scorso anno (in maniera un po’ provocatoria potremmo dire che Angelina Mango ha vinto Sanremo 2024 più grazie a “La rondine” che a “La Noia“), è opportuno che le interpretazioni degli artisti non inficino sulla gara tradizionale. Il motivo? Garantire più equità: un big, magari con una storia ben definita, è ovviamente più attrezzato (dunque più avvantaggiato) rispetto ad altri che non possono permettersi collaborazioni o scelte di un certo livello, venendo penalizzato.

  1. RIPENSARE AL SISTEMA DI VOTO IN OTTICA INTRATTENITIVA

Digerite ormai da tempo le polemiche sulla vittoria di Angelina Mango e i “voti comprati con il call center” di Geolier, appare evidente come il sistema di voto debba essere riformato, o quanto meno ritoccato. La chiave sarebbe quella di creare una modalità per cui le tre giurie (stampa, radio, televoto) non abbiano il potere di cambiare spartito in corsa direzionando i propri voti a favore di un determinato artista per non farne vincere un altro. Ogni sezione della componente giudicante (che va benissimo nella sua tripartizione) deve giudicare in modo autonomo e indipendente senza conoscere le intenzioni altrui. L‘Eurovision Song Contest ci insegna che si può trasformare in momento super intrattenente anche una semplice classifica finale. Pensare a un sistema simile a quello della rassegna canora continentale, ovviamente adattato alle nostre esigenze, potrebbe rappresentare un punto di svolta importante.

  1. STAR INTERNAZIONALI AL TEATRO ARISTON

Un palco così importante, la cui ambizione è quella di sfornare anno dopo anno almeno un artista credibile anche a livello europeo (altrimenti non saremmo così puntigliosi con il discorso Eurovision) ha bisogno di ospiti prestigiosi. In tal senso Conti deve riuscire dove Ama non è mai riuscito (un po’ per scelta, un po’ per spending review), reclutando le grandi icone della musica pop mondiale all’Ariston. Non ci sono limiti. Sanremo si può meritare la Lady Gaga, la Ariana Grande, la Madonna, la Taylor Swift (!!) e la Dua Lipa del caso, purché la tratti da vera super ospite e non la liquidi in men che non si dica (come successo purtroppo proprio con Dua Lipa nel 2020).

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