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VOTO DISCO9.1
9.1Overall Score

Era ora.

Ho aspettato l’uscita del nuovo disco di Salmo come quando da bambina aspettavo che arrivasse Babbo Natale a portarmi il mio giocattolo preferito.

Spesso non è semplice scrivere la recensione di quello che sai già essere l’album più discusso e acclamato del momento. Lo dicono i numeri, i posti in classifica, gli streaming, i seguaci e le nuove generazioni che lo amano e lo osannano.

Quindi, ho voluto estraniarmi dalle polemiche e dalle provocazioni perché non mi interessa parlare di Salmo personaggio. Mi interessa parlare della sua musica. E CHE MUSICA.

Partiamo dalla fine o meglio dall’inizio. FLOP è il nuovo album di Salmo, all’anagrafe Maurizio Pisciottu, uscito lo scorso 1 ottobre. Un disco che segue l’attitudine già  mostrata in Playlist, quello che è stato definito dai più il disco della vita, compresa la sottoscritta.

E invece no, Salmo ci riesce di nuovo, questa volta fa un passo in più. Vuole riprendersi ad ogni costo tutto ciò che gli spetta. 

Diciassette tracce provocatorie e pungenti che si tingono di sfumature e di pathos diversi tra loro.

Con FLOP Salmo non vuole essere come tutti. Prova a mettere a tacere i suoi fantasmi interiori e forse ci riesce. Vomita malessere e poesia carnale. La produzione continua a trasformarsi, dalle atmosfere punk-rock e hardcore degli esordi a suoni dubstep e ballad sentimentali. I testi espliciti ruotano intorno al disagio che sente dentro e alle cose che vede fuori. La cultura musicale si sente come si sente la maturità di un artista consapevole della propria libertà espressiva.

Quella libertà che Salmo si prende ogni volta perché sa che spingere può significare anche dividere. Apparentemente in una direzione sempre più mainstream, FLOP è invece un successo, su tutti i fronti.

Merito anche dei featuring con tre grandi big  del panorama rap italiano. Guè Pequeno in YHWH, traccia ad alto contenuto old school, Noyz Narcos con le sue rime crude politicamente scorrette in Ghigiottina e Marracash in La chiave, indubbiamente la collaborazione più intensa e di spessore dell’intero album.

E’ d’obbligo citare altre collaborazioni davvero importanti, quella con Alex Britti che attraverso i riff della sua chitarra conferisce ad A Dio lo spessore che merita un pezzo di questo calibro dove Salmo è alla ricerca di una propria spiritualità

Padre, non sono un infame, no, io che volevo trovare qualcuno per cui valga la pena pregare

L’unica voce femminile che si sente è quella di Shari, in L’angelo caduto. Titolo omonimo dell’ opera di Alexandre Cabanel del 1868 che ritrae Lucifero nel momento esatto della schianto da cui Salmo riprende la copertina stessa di FLOP.

Quando l’ho sentita per la prima volta nelle orecchie mi sono emozionata. Lei, una voce che sa di velluto e di sabbia, lui con le tutte le sue fragilità, il dolore che esce, lacrime a non finire.

In FLOP non manca niente, nemmeno la slam poetry. In Vivo le parole dell’attore romano Josafat Vagni, elevano, quasi come fosse un ossimoro, il concept dal’album stesso.

“Er successo non fa rumore quanno sale
Quella è solo la musica dell’ascensore
Er rumore lo fa quanno precipita, frate’.”

Il disco chiude con Flop, title track in pieno stile Salmoè ok che ti ho deluso, ok, ti faccio pena, ok sono un venduto, ok, chi se ne frega” e “se penso a quanto ho speso per fare un disco brutto, è ok” fino a lasciarsi andare sulle note di Aldo ritmo perché in fondo, lo sappiamo tutti per stare meglio basta avere un pò di ritmo e vitalità.

Altro che inno al fallimento, nel momento in cui tutto sembrava spegnersi a poco a poco, Salmo è risorto dalle sue ceneri come un’araba fenice, confezionando l’album (forse) della sua consacrazione definitiva. FLOP deve necessariamente essere ascoltato da tutti perché quando un artista come lui fa lezione, ci si siede al primo banco e si sta ad ascoltare.

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