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Prossima fermata: Primavera Sound Barcellona 2022

primavera sound barcellona 2022

ARIA DI PRIMAVERA

Raramente pianifico cose, tutt’al più progetto, oppure mi ritrovo a fantasticare su eventuali scenari futuri. Ma di sicuro non sono uno che fa piani precisi, nemmeno mi piace, mi assillano i piani, sento salire l’acqua alla gola; voglio sempre avere la possibilità di credere di scegliere, di sperare vi sia una via d’uscita.
Lo scorso 2 giugno invece, non necessariamente in occasione della festa delle Repubblica, ho fatto il piano più a lungo termine che potessi immaginare. Ho deciso che a distanza di un anno ed una settimana sarei stato esattamente in un posto ben preciso. Ho scommesso, contro l’equilibrio mondiale alterato da una pandemia. Ho puntato su me stesso e sui miei compagni di festival. Ho comprato dei biglietti per il Primavera Sound. Totalmente a scatola chiusa.
È andata così: mi scrive Luca, che si è recato in occasione del Ponte, a visitare Massimo e mi informa che assieme hanno preso i biglietti, non appena usciti. Annoiato dall’ennesimo due giugno senza eventi, e gasato all’idea di tornare a partecipare ad un festival, ho comprato i biglietti senza nemmeno sapere chi vi suonasse. Tanto è il PRIMAVERA no? Sarà sicuramente una figata.
Alcuni artisti erano già stati annunciati, gli headliner, molti altri sono arrivati nel tempo. Ho avuto un anno per raccogliere nuovi stimoli musicali, per farmi un’idea di chi vorrei ascoltare e chi no.

Bene. Ora mancano due settimane, e l’attesa sembra volgere al termine.
È uscita la line up ufficiale con i palchi, le newsletter si infittiscono; la casa a Barcellona l’abbiamo trovata, anche se non è stato facile, i voli pure. Mi rendo conto che è giunta l’ora di pianificare ulteriormente (O almeno posso provarci, fa parte anch’esso parte del processo di avvicinamento ai 30 anni) ciò che andrò a fare nel week end dal 9 al 12 giugno (Voglio evitare l’effetto del novellino al Vinitaly che si lascia accalappiare da qualsiasi vino).
I palchi sono 13 (ciascuno con il suo sponsor), gli artisti 58, solo il primo giorno! Ammetto che francamente sono spaventato. La Fear of Missing out (FOMO), che si cela in me arriverà a livelli galattici, ed inevitabilmente mi perderò alcuni artisti, probabilmente perderò anche me stesso, o quanto meno Luca, Aaron, Beatrice, Giulia, Davide e chiunque altro “ufficialmente” venga al festival con me. Ma ci si potrà davvero sentire soli in mezzo a cotanta gente che mi circonderà? L’area del festival è estesa su circa 2,2 km lineari. Per muoversi da un capo all’altro ci vogliono circa 25 minuti di camminata continua, sarebbe illusorio non preventivare distrazioni di qualsiasi genere però. Never in the wrong time or wrong place, direbbero i Red Hot di Stadium Arcadium.

Sarebbe opportuno varcare i cancelli quando ancora c’è luce. È il primo giorno, ed un tramonto sulla spiaggia dovremmo concedercelo; sempre meglio mappare l’area con la luce, prima che le tenebre ci sovrastino. Il primo gruppo che mi interesserebbe è Dry Cleaning – voce femminile con accento british malcelato che propone un post-punk molto sinuoso – sul palco Binance alle 18.50. Facile, è proprio il primo palco alla sinistra appena si entra. Iniziamo bene! Il prossimo artista che mi interessa veramente è alle 21.50: gli Interpol. Non li ho mai visti live, né mai ascoltati particolarmente, ma mi lascerò affascinare dal loro hype post-moderno e trascendentale, poi a Luca piacciono. Non mi deluderanno, starà a loro farmi solcare il palco principale – Pull&Bear. Che inizio, c’è pure una piacevole pausa di un’oretta per capire quanto costano le vivande e le libagioni all’interno del Festival, e fare una stima di quanto il conto in banca piangerà post festival.

Due birrette dopo, iniziano a venire a galla le mie paure. Emergono i dubbi. Vorrei potermi incazzare con il fato, con chi ha sorteggiato il susseguirsi degli eventi. Con l’entropia che governa il Festival. Perché? I Metronomy alle 23.25 al Binance Stage, i Gorillaz alle 23.10 all’Estrella Damm (che a questo punto presumo essere monomandataria della Kermesse) ed i Working Man’s Club alle 23.30 all’Ouigo? E ora? Chi me lo dice cosa scegliere tra Salted Caramel Ice Cream dei Metronomy, che ascolto ininterrottamente dalle vacanze in Provenza dello scorso anno; e tra i Gorillaz?
Un loro live deve essere una cosa degna del Metaverso Zuckerberghiano? E che dire dei Working Man’s Club relegati al palco Ouigo? Proprio in un angolino davanti al mare li hanno messi! È vero, potrebbero essere l’ennesima band inglese con sound Joydivision-eggianti piuttosto che electro retrò, ma loro li ho scoperti, li ho ascoltati, coltivati. Sono in vacanza e devo compiere scelte apparentemente complesse; impensabile. Sceglierà il caso, forse dovremo dividerci. Sono confuso, tanto che d’un tratto rivaluto lo “spezzatino” della Seria A, inizio a comprenderlo, diventa ai miei occhi più succulento. Ma per citare i Working Man’s Club: we dance and we smile, we laugh and we cry, we pray and we fight, we live and we die. Su Davide, non sei nella situazione di poterti lamentare.

Don’t be viziato.
Sono al festival da 4 ore, ed ormai i palchi iniziano ad assumere i nomi come se fossero dei live club, dei locali o dei piccoli bar che frequento abitualmente. Mi sento di essere in una dimensione parallela dove siamo stati catapultati dentro una città tutta da scoprire! Ho già usato i bagni due volte, li potrò ammirare diventare sempre più sporchi ad ogni utilizzo. Tra un concerto e l’altro rifletto su quanto sono fotogenici i bagni chimici, osservo la gente. È pieno di italiani ovviamente. Del resto, condividiamo lo stesso mare di Sanremo.

Non rimane che consolarsi con la performance in programma all’NTS a le una e quaranta dei Gabber Modus Operandi. Il duo indonesiano ci sa fare, ha suonato in tutti i continenti: voce distorta e violenza in consolle alternata a tonalità di religioni orientali; e se ne usciamo vivi ci aspetterebbe pure la buona notte con Bicep, techno deep e penetrante, ideale per il palco Cupra alle 3.05. A questo punto, secondo le precisissime tabelle catalane, si sono fatte le 4.35. Francamente per essere la prima sera, potrei reputarmi soddisfatto. I 30 anni li vedo nello specchietto retrovisore, e le ore piccole iniziano a sembrare grandi. Ripieghiamo. Stanchi e frastornati dalle emozioni musicali. Ci vorrà un’ora di mezzi pubblici per tornare al nostro letto.


Sulla via del ritorno, “non ci fermano quasi mai” direbbe Contessa, ci rendiamo conto che a mezzanotte e 45 suonava Dua Lipa: persa. Totalmente. Beatrice più tardi si incazza. Ci teneva. Ha ragione.
È stata una giornata impegnativa. Abbiamo camminato davvero tanto, ballato, sudato. Ma domani e dopodomani ci sono altri due giorni di festival. Altre due tappe di montagna. Forse non avrà senso pianificare anche loro, forse le strategie sono realmente sopravvalutate? E allora ci basterà non perdere altri gruppi per strada, senza voler strafare. Per terra troviamo un volantino contenente il programma del festival, ci diamo un’occhiata insieme, stremati, e decidiamo di abbassare le pretese, puntiamo al minimo sindacale e a goderci il festival senza pressione:
Gli Strokes, andranno visti, e vabbè facile. I Tame Impala, anche. I Mogwai, per rilassarsi e rimanere fedeli al Cupra stage. Dj Pastis, solo per il nome ed ovviamente i Viagra Boys, che ci faranno scoprire il Plenitude e ci ricorderanno quanto sia bello fare Sport e pogare! E poi, il festival, termina. 3 giorni volatilizzati nell’arco di 72 ore. Che fretta c’era, Maledetta Primavera?

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