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Interviste

Giovanni Block: tra Giorgio Gaber e Cesare Pavese

Giovanni Block. Un progetto, un artista. Un cantautore napoletano che ascolta artisti “strani”, come ci dirà tra poco. Sospeso tra l’urgenza espressiva di sbatterci, delicatamente, addosso la nostalgia e la voglia di aprire un discorso sull’oggi sospeso tra presente e futuro. Questo e molto altro in “Retrò”, il nuovo disco uscito il 17 marzo (per l’etichetta “La canzonetta Record”).

A raccontarcelo Giovanni Block in persona.

Per cominciare, dicci in due parole chi è Giovanni Block.

Giovanni Block è un cantautore napoletano fedele a tutti gli artisti “strani” che ascoltava nelle audiocassette da bambino. 

“Retrò” è il nuovo album, appena fresco di uscita. Raccontaci che cosa ci aspetta.

Vi aspetta un disco fieramente “inattuale” in cui mi arrampico sulle spalle di Gaber, Guccini, Brassens, Stefano Rosso, Faber, Carella e cerco di intonare le mie strofe e i miei ritornelli con l’aiuto di tutto ciò che mi hanno insegnato per provare ad arrivare a chi come me ama questi mondi e questi universi sonori e poetici (c’è anche Cesare Pavese, ma è una sorpresa).

“Retrò” è un titolo che richiama la nostalgia. Quanto è importante questo stato emotivo per un artista?

In generale, nella vita la Nostalgia è sempre alla base della Poesia. Poi, in particolare, nostalgica è stata la gestazione di questo album che racconta molto di chi come me è nato negli anni ’80. Si avverte, come un rumore di fondo, lo stato d’animo di chi vive il futuro in uno stato di dissolvenza. La nostalgia di vecchi valori, di vecchie abitudini, di un mondo “boomer” che sembra scomparire e porta con sé un mucchio di cose belle che forse meritavano di stare ancora con noi…

Quanta ispirazione letteraria, oltre che musicale, c’è nella tua musica e nei tuoi testi?

Molta, lo si avverte anche solo scorgendo qui e lì le piccole citazioni nei testi, da Pavese a Quasimodo, da D’annunzio a Ungaretti.  Ma in generale (forse sto per dire una cosa banale) ho molto rispetto per la nostra lingua, l’italiano, che secondo me è la più bella del mondo. Ho molto ascoltato la radio ultimamente e noto che le nuove produzioni siano dal punto di visa testuale tutte fluide. Tutti i testi sono molto dilatati. Molto rarefatti. Insomma, che fine hanno fatto i testi? Quelli belli. Quelli che restano nella storia della letteratura. Oggi ne leggevo uno di Gaber: sono rimasto a guardarlo per un’ora, in silenzio… è roba che non fa una piega, anche se passano gli anni. Ho da sempre ascoltato e continuo a lasciarmi ispirare solo da roba che “non fa una piega”. Dobbiamo impegnarci tutti di più per un futuro pieno di sole e con meno plastica. Insomma, un futuro con meno autotune e più figure retoriche!  

Parlaci di Napoli e della sua influenza sulla tua espressività. Ci sono cantautori napoletani a cui ti ispiri particolarmente?

Sono nato e cresciuto nel quartiere Avvocata Montecalvario. Un quartiere particolare. Una terra di mezzo tra il ricco e ordinato “Vomero” e il Centro Storico, popolare, disordinato, amato. In questo sì, la mia città mi ha influenzato non poco. Stare nella terra di mezzo ti permette di imparare due lingue. Due modi di fare. Due codici comunicativi. Due gestualità quotidiane. Non a caso, ogni volta alterno un disco in italiano ad uno in napoletano. Ed è questo bipolarismo linguistico e comunicativo, imposto al popolo napoletano, dalla storia e dagli eventi, la vera traccia che la mia città mi ha lasciato dentro. Non mi ispiro particolarmente alla scuola napoletana. Sono altri i miei punti di riferimento.

Come sei cambiato negli ultimi anni? Quali sono le cose che avverti come più urgenti da cantare?

Da vari anni lavoro come professore di musica (rigorosamente precario) e molte cose sono cambiate in me. Credo, ad ogni modo, che la mia vera urgenza sia scrivere più che cantare. Il cantare, poi, viene da sé.  Mi esprimo in musica anche in altri modi: insegnandola o scrivendo musica “per”. Ed ecco che così ho scoperto, in questi tempi pre e post pandemia, che ci sono altre versioni di me che non conoscevo e sto imparando a conoscere. Ho scoperto che se un artista lavora ha molte più cose da raccontare, su carta, nei dischi e nella vita in generale. Ho scoperto che un disco non vale la pena, se non parla anche degli altri.

Ci sarà un tour di presentazione del nuovo disco?

Per il momento due presentazioni importanti. Il 4 Aprile Teatro Bellini (Napoli) e il 6 Aprile a L’asino che vola (Roma).

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